"Io amo il mio lavoro"
Persona fortunata da invidiare!
Seduti al bar, in tre chiediamo la stessa bibita ma con
tre sottili variazioni! Sorridendo il cameriere prende nota, e io gli esprimo
la mia ammirazione. Guardandomi negli occhi commenta: “Signora, io amo il mio
lavoro. Dobbiamo capire cosa vuole il cliente. A volte sono anche uno
psicologo.”
DOVERE O PIACERE?
Il lavoro non è soltanto il mezzo per pagare le nostre
necessità. Rappresenta più che un dovere. Può diventare fonte di piacere, quando
il risultato del nostro agire ci rende soddisfatti. Nel caso di impreviste
difficoltà, l’ambiente lavorativo diventa una palestra, che ci permette di
scoprire capacità che non immaginavamo di possedere.
FELICITA’?
Non è un bizzarria associare il lavoro alla felicità:
emozioni e sensazioni, a livello intellettuale e fisico, che ci appagano in
modo totalizzante, dimenticando anche la fatica. E non esiste una correlazione
fra il tipo di lavoro e la percezione di felicità. È una conquista che nasce da
dentro di noi: diventa il risultato del modo con cui viviamo i gesti
quotidiani.
E ALLORA?
Era un cameriere adulto, in un contesto dove sicuramente
non si fanno corsi di formazione. Ma era
la persona giusta, nel posto giusto: fortunato! Un pizzico di invidia per quel
cameriere che sa vivere consapevolmente il significato delle sue azioni. Portare
un bibita non è banalmente “consegnare di un bicchiere pieno”: viene vissuto
come l’occasione di dare un momento di serenità e di appagamento ad altri. E
questa constatazione fa sentire il cameriere utile e importante.
… e se provassimo
a prenderlo come esempio?
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